Il silenzio delle Acli

Angelo levati              28 agosto 2015

Il silenzio delle ACLI

Nei giorni passati la Conferenza Episcopale Italiana, nella persona del Segretario Generale mons. Nunzio Galantino, bacchettava un po’ tutti sulla questione dell’accoglienza degli stranieri: al Sud accolgono in silenzio e al Nord urlano, sbraitano e non accolgono. Un grande grazie alla nostra Marina che sta facilitando l’accoglienza e il salvataggio di un numero inverosimile di donne, uomini, bambini e anziani.

Agli interventi di Galantino il governo centrale risponde di fare già molto, di fare il possibile: il progetto Mare Nostrum, pensato e realizzato dal Governo Letta ha funzionato fino a quando ha potuto, sostituito con un progetto meno completo, cioè quello messo insieme dai vari Paesi dell’Unione Europea. Ma il governo e il parlamento hanno anche un’altra possibilità, quella di pensare e realizzare un progetto concreto di accoglienza, sapendo che questa situazione durerà almeno anni, se non decenni. Difatti quando nell’agosto 1995 le ACLI tennero a Motta di Campodolcino (Sondrio) una settimana per studiare i problemi dell’Africa, arrivarono come relatori studiosi, economisti e missionari. Uno di questi relatori disse, tenendo presenti gli squilibri economici e le guerre procurate di allora, “verranno giorni in cui gli africani invaderanno l’Europa come cavallette”. Nel progetto del governo dovrà essere prevista anche l’abolizione della Legge Bossi-Fini, legge che non ha impedito a nessuno di entrare in forme svariate in Italia, ma ha solo permesso uno sfruttamento senza limiti degli stranieri qui arrivati; questa legge di cui nessuno parla, è lì ancora a dettare legge.

Attualmente la Caritas si è affrettata in mille modi per facilitare l’accoglienza mettendo a disposizione personale, viveri e strutture, mentre la maggior parte delle comunità cristiane locali ignorano il problema, salvo qualche eccezione lodevole come quella parrocchia di Milano che, durante l’estate scorsa, ha accolto oltre seicento sfollati.

Analoga la situazione dei comuni, sia di centro-destra che magari alzano la voce dicendo di non voler accogliere nessuno, mentre quelli di centro-sinistra non osano parlare ma fanno finta di niente sperando che nessuno faccia loro una proposta di accoglienza, perché se domani toccasse loro, sono convinti che, probabilmente, alla prossima tornata elettorale perderebbero le elezioni.

In questa situazione brilla il silenzio delle ACLI che, nel passato, fecero una originale e molto impegnativa esperienza nel gestire l’emigrazione italiana: se oggi le ACLI sono in diciotto Paesi è perché in diciotto paesi le ACLI hanno accompagnato la nostra emigrazione con personale, idee e organizzazione supportate dalle Missioni Cattoliche Italiane. Questo passato dà la patente di esperti in materia, di un talento ricevuto a cui da subito le ACLI devono rispondere con i fatti.

Un esempio per tutti. Il giorno 8 agosto scorso, Rai Uno, alle ore 24.00, anniversario della tragedia di Marcinelle che avvenne appunto l’8 agosto 1956, mandò in onda un film MINEUR – MINORI, realizzato e finanziato dalle ACLI del Belgio e delle Fiandre. Segno che quelle ACLI hanno conservato la memoria storica e la vogliono trasmettere ai posteri perché tutti si impari la lezione.

Del resto la storia dell’emigrazione italiana in Belgio nasce in forma ufficiale dall’accordo del Governo Italiano con quello belga il 23 giugno 1946 perché qui c’era personale in esubero mentre là mancavano operai per le miniere. Le ACLI, in primis quelle di Milano, si diedero da fare per aiutare i partenti, li accoglievano, li aiutavano, li organizzavano con il supporto di altre esperienze assistenziali e alcune volte anche accompagnavano quei treni che, settimanalmente, partivano dalla Stazione Centrale di Milano. A Chiasso il treno veniva piombato perché le autorità elvetiche non volevano rogne e quando arrivavano in Belgio, i nostri emigranti venivano ospitati nei campi di concentramento dei prigionieri della seconda guerra mondiale. Di questo periodo va dato atto, alle ACLI del Belgio che, per ricordare l’avvenimento curarono la pubblicazione di un volume molto impegnativo, nel 1996, a cinquant’anni dalla firma del trattato italo-belga, dal titolo “per un sacco di carbone”, perché l’idea era quella che per ogni italiano che arrivasse in Belgio lo stato accogliente avrebbe offerto un sacco di carbone all’Italia. Quindi onore alle ACLI del Belgio per la memoria che ci hanno tramandato sul tema migrazione. Ancora sul tema emigrazione, a cura delle ACLI del Belgio, altri libri videro la luce, libri di storie personali, libri di paesi emigrati, che raccontano…

Anche in Germania, per ricordare l’esperienza dell’emigrazione, nel 2005, esce un libro, frutto di una ricerca effettuata sulle donne italiane emigrate, il libro è stampato dalla Tipografia “Systemdruck di March-Hugstetten”. Il titolo del libro é “UN SOGNO A METÀ”: avventure, delusioni e speranze delle donne italiane in Germania, curato da Francesca Massarotto Raouik. Il progetto è stato realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri.

Le ACLI, ricche di questa esperienza unica e originale, avendo rapporti con le ACLI dei Paesi Europei, perché non potrebbero fornire il meglio delle legislazioni degli altri Paesi per preparare un programma di massima, di accoglienza da proporre al Governo che, per vari motivi, sembra faccia fatica a rispondere a tale situazione? Dall’esperienza dell’accoglienza e delle legislazioni del Belgio e della Germania, che sembrerebbero le migliori legislazioni, le ACLI potrebbero essere aiutate per stendere un tale progetto. Qualche spunto lo potrebbe fornire anche la legislazione della Repubblica Ceca: un modo intelligente per accogliere, anche se l’attuale migrazione presenta situazioni complesse e difficilmente gestibili. Ma la parte principale nel ruolo delle ACLI dovrà essere la parte culturale sul dovere di ospitalità: è un impegno antipatico, fuori moda, ma è un impegno a cui non si può sfuggire, come già fecero tra gli ’60 e ’70 del secolo scorso, quando i nostri padri fecero scelte impegnative, non semplici ma che hanno dato una mano al cambiamento della politica dell’intera nazione italiana.

Enrico Accardi, operatore delle ACLI di Milano del dopoguerra, che ha accompagnato diversi treni di emigranti in Belgio, si lamentava che le ACLI non ricordassero più quel periodo storico: oggi è arrivato il momento di riscoprirne la memoria.

 

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